Sicurezza sul lavoro
Illuminazione, microclima e comfort negli ambienti di lavoro
Illuminazione e microclima negli ambienti di lavoro incidono direttamente su sicurezza, salute ed efficienza operativa dei lavoratori. Infatti condizioni ambientali non adeguate possono favorire affaticamento, cali di attenzione, errori operativi e, indirettamente, un aumento del rischio infortunistico.
Illuminazione e microclima negli ambienti di lavoro: riferimenti normativi
Il D.Lgs. 81/2008, attraverso l’Allegato IV, stabilisce che i luoghi di lavoro devono essere conformi a requisiti minimi in materia di illuminazione, aerazione e condizioni microclimatiche, a seconda della tipologia di attività svolta e delle caratteristiche dei lavoratori.
Illuminazione negli ambienti di lavoro
Partiamo dall’illuminazione. L’illuminazione deve essere adeguata alla mansione svolta e distribuita in modo uniforme. Non è sufficiente “avere luce”, ma è necessario che questa sia funzionale ed adeguata al lavoro svolto.
Criticità ricorrenti nell’illuminazione
- in un ufficio amministrativo, un’illuminazione insufficiente o mal orientata può provocare affaticamento visivo e cefalee, soprattutto in presenza di videoterminali, con riflessi sullo schermo o forti contrasti di luminosità;
- in un magazzino o in un reparto produttivo, zone d’ombra lungo i percorsi di transito o nelle aree di stoccaggio possono aumentare il rischio di urti, inciampi o errori nella movimentazione dei materiali;
- in ambienti con macchinari o attività di precisione, un’illuminazione non adeguata può compromettere la corretta esecuzione delle operazioni e la percezione dei pericoli.
L’Allegato IV del D.Lgs. 81/2008 stabilisce che i luoghi di lavoro devono disporre, per quanto possibile, di illuminazione naturale sufficiente, opportunamente integrata da illuminazione artificiale quando la luce naturale non è adeguata o non è disponibile in modo continuativo. Il principio non è meramente formale: una corretta illuminazione è un requisito essenziale per garantire sicurezza, comfort visivo e qualità della prestazione lavorativa.
A supporto del dettato normativo, la UNI EN 12464-1 rappresenta il riferimento tecnico più autorevole per la definizione dei livelli minimi di illuminamento (espressi in lux) e delle caratteristiche qualitative dell’illuminazione nei diversi ambienti di lavoro. Pur non essendo una norma cogente in senso stretto, essa costituisce buona prassi tecnica e viene spesso richiamata in sede di progettazione, valutazione dei rischi e vigilanza.
Facciamo un paio di esempi utili per comprendere meglio l’impatto concreto di questi requisiti.
Illuminazione negli uffici: esempi pratici
In un ufficio amministrativo o direzionale, la UNI EN 12464-1 indica un livello di illuminamento medio mantenuto di circa 500 lux sul piano di lavoro.
Questo sta a significare che:
- la sola illuminazione ambientale spesso non è sufficiente;
- è necessario prevedere una corretta distribuzione dei corpi illuminanti, evitando zone d’ombra;
- l’orientamento delle postazioni rispetto a finestre e schermi deve ridurre fenomeni di abbagliamento e riflessi, che possono causare affaticamento visivo e disturbi muscolo-scheletrici indiretti.
Magazzini e aree di stoccaggio
In un magazzino con movimentazione manuale dei carichi o utilizzo di carrelli elevatori, livelli di illuminamento inadeguati aumentano il rischio di urti, cadute e errori operativi.
La norma tecnica prevede valori indicativi più bassi rispetto agli uffici (ad esempio 100–200 lux), ma ciò non esonera il datore di lavoro dal garantire:
- una visibilità sufficiente delle vie di transito;
- una corretta illuminazione delle scaffalature;
- un adeguato contrasto visivo per la lettura di etichette e segnaletica.
Illuminazione e valutazione dei rischi
Dal punto di vista della valutazione dei rischi, l’illuminazione non deve essere considerata solo come un requisito strutturale, ma come un fattore organizzativo e operativo. In particolare variazioni stagionali della luce naturale, turnazioni serali o notturne o modifiche temporanee dell’organizzazione del lavoro (tipiche dei periodi festivi) possono rendere non più adeguato un impianto di illuminazione inizialmente conforme.
In questi casi, il Documento di Valutazione dei Rischi dovrebbe evidenziare:
- le condizioni di illuminazione effettive;
- le mansioni più esposte a criticità visive;
- le misure correttive adottate, come l’integrazione dell’illuminazione artificiale, la manutenzione degli impianti o la riorganizzazione delle postazioni.
Microclima e condizioni ambientali
Il concetto di microclima comprende temperatura, umidità, ventilazione e velocità dell’aria. Anche in questo caso condizioni non adeguate possono determinare disagio fisico, affaticamento e riduzione della capacità di concentrazione.
Esempi pratici:
- in ambienti chiusi durante il periodo invernale, una temperatura eccessivamente bassa o correnti d’aria localizzate possono causare disagio e disturbi muscolari;
- in estate, temperature elevate e scarsa ventilazione possono favorire stanchezza, cali di attenzione e, nei casi più critici, stress termico;
- in locali affollati o poco ventilati, un ricambio d’aria insufficiente può generare aria viziata, con effetti negativi sul benessere dei lavoratori.
Il D.Lgs. 81/2008 richiede che i luoghi di lavoro siano dotati di un’adeguata aerazione naturale o artificiale in relazione alle caratteristiche dell’ambiente, al tipo di attività svolta e al numero di lavoratori presenti. Anche in questo caso le norme UNI EN ISO 7730 e UNI EN ISO 7726 rappresentano riferimenti tecnici utili per l’analisi del comfort termico e dei principali parametri microclimatici soprattutto nei casi in cui siano presenti condizioni ambientali critiche.
Vediamo due esempi tipici per comprendere meglio la situazione prospettata:
Microclima negli uffici climatizzati
In ambienti ufficio dotati di impianti di climatizzazione, un’aerazione insufficiente o una regolazione non corretta degli impianti può determinare:
- aria viziata o stagnante;
- sensazione di freddo o caldo eccessivo;
- discomfort termico e calo dell’attenzione.
In questi casi, la semplice presenza di un impianto di climatizzazione non è sufficiente: è necessario verificare che i parametri microclimatici siano compatibili con il tipo di attività svolta e con le condizioni di benessere previste dalle norme tecniche, soprattutto in presenza di segnalazioni da parte dei lavoratori.
Ambienti produttivi con carichi termici
In laboratori, cucine professionali o reparti produttivi con macchinari che generano calore, l’aerazione naturale può risultare inadeguata.
Situazioni tipiche includono:
- accumulo di calore durante i mesi estivi;
- correnti d’aria non controllate generate da sistemi di ventilazione improvvisati;
- differenze marcate di temperatura tra diverse zone dello stesso ambiente.
In questi contesti, l’adozione di sistemi di ventilazione o aspirazione adeguati e la verifica dei parametri microclimatici secondo le norme UNI EN ISO consentono di valutare correttamente il rischio e di individuare misure tecniche e organizzative coerenti con gli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/2008.
Comfort ambientale e organizzazione del lavoro
Per chiudere il cerchio bisogna specificare che illuminazione e microclima non possono essere valutati in modo isolato, ma devono essere considerati in relazione all’organizzazione del lavoro. Orari, turnazioni, durata dell’esposizione e tipologia delle attività influenzano l’impatto di questi fattori sui lavoratori.
Esempi pratici:
- turni prolungati in ambienti scarsamente illuminati o con microclima non ottimale possono amplificare l’affaticamento;
- lavoratori addetti a mansioni statiche (es. uffici) possono risentire maggiormente di temperature non adeguate rispetto a chi svolge attività fisicamente più intense;
- una cattiva distribuzione delle postazioni di lavoro rispetto alle fonti di luce naturale può creare differenze significative di comfort tra lavoratori che svolgono la stessa mansione.
Interventi organizzativi e tecnici, anche relativamente semplici come la manutenzione degli impianti di illuminazione e climatizzazione o la revisione della disposizione delle postazioni, possono contribuire in modo concreto ed efficace al miglioramento delle condizioni ambientali.
Illuminazione e microclima nella valutazione dei rischi
Ecco che nella valutazione dei rischi entra in gioco l’articolo 28 del D.Lgs. 81/2008 il quale impone che la valutazione prenda in considerazione tutti i fattori che incidono sulla salute e sicurezza dei lavoratori, comprese le condizioni ambientali dei luoghi di lavoro. Illuminazione e microclima non sono quindi elementi accessori, ma componenti strutturali della valutazione dei rischi, in grado di influenzare direttamente l’organizzazione del lavoro, il livello di attenzione degli operatori e, di conseguenza, la probabilità di errore o di infortunio.
Illuminazione e microclima negli ambienti di lavoro: perché contano
Una valutazione accurata consente infatti di individuare tempestivamente le criticità, definire misure di prevenzione realmente efficaci e programmare interventi di miglioramento coerenti con l’attività svolta e con l’ambiente operativo. Una corretta gestione di illuminazione e microclima negli ambienti di lavoro rappresenta infatti uno strumento concreto di prevenzione poiché trascurare questi aspetti significa esporsi a rischi evitabili. Governarli correttamente, invece, permette di conciliare tutela della salute, sicurezza operativa ed efficienza aziendale, trasformando gli obblighi normativi in uno strumento concreto di prevenzione e di buona organizzazione del lavoro.
Illuminazione e microclima non sono solo comfort, ma fattori chiave di sicurezza.
Valutare correttamente questi aspetti significa individuare criticità reali, adottare misure preventive efficaci e migliorare l’efficienza degli ambienti di lavoro.
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