Statistiche

Report Inps Dicembre 2024: il mondo del lavoro in italia

Crescono i lavoratori in Italia, ma non tutti lavorano di più, né guadagnano meglio. È quanto emerge dall’ultimo report statistico pubblicato dall’INPS che, con una fotografia dettagliata, ci restituisce lo stato del lavoro dipendente e autonomo nel nostro Paese nel 2023. Con oltre 26,6 milioni di occupati regolari (pari al 95% degli assicurati previdenziali), il mercato del lavoro si mostra in espansione, con una crescita di 316.000 unità rispetto al 2022 e di oltre un milione rispetto al periodo pre-Covid (2019). Tuttavia, la qualità e la distribuzione del lavoro raccontano una realtà ancora segnata da disuguaglianze, precarietà e divari storici difficili da colmare.

Più occupati, ma il reddito reale non tiene il passo dell’inflazione

Nel 2023, il reddito medio annuo da lavoro è stato di 25.259 euro, in aumento del 2,9% rispetto all’anno precedente. Un dato apparentemente positivo, ma che si ridimensiona se confrontato con il tasso d’inflazione (+5,7%). In termini reali, il potere d’acquisto dei lavoratori è quindi diminuito. Il numero medio di settimane lavorate si attesta a 43,2 su un massimo di 52, appena sopra al dato del 2022 (43,1), segno che la stabilità occupazionale rimane ancora parziale per ampie fasce di lavoratori. I più “stabili”? I dipendenti pubblici, che lavorano in media 48,1 settimane, e gli autonomi classici (artigiani, commercianti, agricoltori), che superano regolarmente le 50 settimane grazie a una bassa rotazione. In fondo alla classifica ci sono invece gli operai agricoli e i lavoratori occasionali, con meno di 22 settimane lavorate.

Lavoratori parasubordinati e giovani in aumento, ma la precarietà non scompare

Una delle tendenze più evidenti è la crescita dei parasubordinati, in particolare dei professionisti senza Cassa previdenziale e dei post-laurea, aumentati rispettivamente del 28,1% e del 45% in cinque anni. Segno che nuove forme di lavoro autonomo – spesso prive di tutele e continuità – si stanno consolidando nel tessuto produttivo italiano. Anche tra i giovani si registra una crescita occupazionale. Gli under 19 aumentano del 35% rispetto al 2019, mentre le fasce 20-24 e 25-29 anni crescono rispettivamente del 13% e del 7,4%. Ma il loro ingresso nel mondo del lavoro avviene spesso attraverso forme contrattuali instabili o con redditi molto bassi: 4.915 euro annui in media sotto i 19 anni, 13.475 tra i 20 e 24.

Donne penalizzate al lavoro: meno settimane, salari più bassi

Il gender gap resta una ferita aperta. Le donne rappresentano il 43,7% dei lavoratori totali ma guadagnano in media 21.272 euro annui, contro i 28.351 euro degli uomini. Il divario supera i 9.000 euro nella fascia d’età 50-54 anni. Le donne lavorano anche meno settimane: 42,4 contro le 43,9 degli uomini. A parità di età e qualifica, la forbice resta ampia. L’11,3% dei lavoratori ha cittadinanza extra-UE. Si tratta di una presenza in crescita, concentrata soprattutto nei settori del lavoro domestico (dove oltre la metà dei lavoratori è straniera) e nell’agricoltura. Tuttavia, anche qui le disuguaglianze sono marcate: solo 39 settimane lavorate in media e un reddito annuo pari a 15.901 euro, nettamente inferiore a quello dei lavoratori comunitari (26.455 euro).

Lavoro: il ritorno dei pensionati

Un dato curioso è rappresentato dai 737.000 lavoratori già in pensione che hanno continuato a svolgere un’attività retribuita nel 2023. Una percentuale piccola (2,8% del totale), ma in aumento rispetto agli anni passati. Tra gli artigiani, gli autonomi agricoli e gli amministratori, le quote di pensionati attivi superano ampiamente il 10%. L’età media degli occupati cresce. Le classi over 60 sono quelle che mostrano i tassi di crescita più alti: +20% per la fascia 60-64 e +19,9% per gli over 65. Un segnale di un mercato che, da un lato, non riesce ancora a garantire un ricambio generazionale robusto; dall’altro, testimonia la volontà (o la necessità) di molti anziani di restare attivi.

(credits: Freepik) 

report inps dicembre 2024 sul mondo del lavoro